1.
I pochi che frequentano questo sito si saranno resi conto che negli ultimi anni sono stati pubblicati un numero esiguo di articoli, testi o racconti.
Ciò è dovuto, in parte alla mole ridotta di tempo libero - anche se negli ultimi tempi è aumentata in modo considerevole – in parte al semplice fatto che collaudare un ampio discorso su un tema specifico richiede risorse, energie e riflessioni che vanno al di là della semplice chiacchiera da bar. Insomma, c’è da pensare. Parecchio direi. Ad esempio: (1.a) osservando il percorso di un allenatore nei suoi primi mesi di lavoro ho notato che lo stile di gioco è cambiato in maniera evidente. Dalle dolorose sconfitte delle prime uscite incentrate sulla sua idea di controllo del gioco si è passati ad una pragmaticità più redditizia che contraddistingue maggiormente gli orientamenti filosofici del club. Domanda. Da allenatore, è più importante rimanere rigidi sulla propria idea di gioco in qualsiasi contesto professionale oppure è opportuno conformarsi alla cultura tecnico tattica del club che deriva principalmente dalla storia sportiva del club stesso? E’ ovvio che di cose da dire ne avrei molte. Ed è altrettanto ovvio che le risposte a domande come questa mi lasciano spesso e volentieri insoddisfatto nonchè in balia della provvisorietà a cui giungo. Perché accade che rifletto, considero e capovolgo. Penso, propongo e ribalto. Ragiono, sentenzio e demolisco. Le conclusioni alle quali giungo mi appaiano perlopiù non valevoli di pubblicazione. Ma questa continua messa in discussione delle idee fa un po' parte della mia persona. Sarà anche un difetto questa mancata immediatezza di opinione ma allo stesso tempo trovo nel passo lento la possibilità di costruirsi con calma una personale visione del mondo. Ho iniziato ad “abbandonare” i social che utilizzo solo in rare occasioni, giusto per basici aggiornamenti. Mi informo su ciò che concerne il calcio, sui risultati, sulle metodologie e sull’universo che ruota attorno ad esso. Leggo, studio. Guardo partite. Penso e ripenso a quello che vedo. Vivo la famiglia. Per il resto, attendo il momento buono.
2.
Non che abbia perso la voglia di scrivere. Anzi. Avrei molte cose già impacchettate e pronte per qualche viaggio. Ma preferisco aspettare. Perché credo che sia nel silenzio che si coltivino gli spunti di riflessione più promettenti. E se un individuo scrive o parla tutti i giorni, inevitabilmente rischia di ripetere sempre gli stessi. Identici. Concetti. Come questi. Poi, se la mettiamo sulla metafora del viaggio, non è vero quel che si dice, che nella vita il treno giusto passa solo una volta. E’ una cazzata. Di treni ne passano tutti i giorni, a tutte le ore. Dipende sempre dove vuoi andare e soprattutto se hai intenzione di partire.
3.
Eccoci dunque alla conclusione. (3.a) Ho scritto tanto, forse troppo. Nessuna promozione online. Così. Giusto per rispolverare qualche vocabolo e rinfrescare le pagine di questo sito le cui condizioni di salute sono stazionarie. Sarò sempre attivo come quando ero in campo. Corro sulle righe, penso a testa bassa. Invisibile ai più.
