LUOGHI OSCURI

LA MIA SERIE TV PREFERITA...

Deraglio, conscio del rischio, dagli abituali binari di questo blog premettendo che non ho basi tecniche per recensire criticamente lavori cinematografici e che scrivo questa bozza per pura passione. I primi due episodi della terza serie di Twin Peaks sono un capolavoro. Non guarderò gli altri, lo farò, con calma in un secondo momento. Ai meno esperti, ai neofiti, la visione lascia spiazzati, interdetti, confusi. Capisco, non è facile avvicinarsi alle opere di un genio che da decenni utilizza la meditazione trascendentale per creare, attraverso immagini, colori, suoni, le sue visioni. Ma questo è David Lynch e con lui bisogna essere pronti, lucidi e aperti all’esperienza: 18 ore durerà la sua ultima fatica, chiusura forse definitiva di un cerchio che comprende il lavoro cinematografico di una vita e che probabilmente sarà la summa filosofica del suo cinema. Perché Twin Peaks è cinema. Visivo, cerebrale. La cura dei dettagli è impressionante (fotografia, effetti visivi e sonori, dialoghi) il ritmo lento imposto allo spettatore medio abituato ad una velocità almeno doppia diventa inquietudine che si trasforma in incubo. La violenza non è tanto fisica quanto psicologica: i rimandi a Lost highway, Mulholland drive e Inland Empire sono eloquenti ma non unici. Perché tra le pieghe della cittadina al confine con il Canada, La loggia nera, e le stanze del subconscio tanto care al regista si insinuano idee dei suoi primi lavori a stretto contatto con l’arte e la pittura. E’ incredibile come un discorso lasciato aperto più di venti anni fa (Bob, Cooper) possa ripresentarsi a distanza di tanto tempo con così grande potenza; l’apparente linearità della prima serie, che a suo tempo aveva squartato il modo di concepire la serie tv di inizio anni novanta, e lo spiazzante finale della seconda vengono elaborati nel tempo producendo un mastodonte visivo da assorbire in più visioni. Ogni inquadratura ha una sua logica e i vari viaggi, tra spazio, tempo dimensioni e realtà parallele destabilizzano, turbano. Perché a Lynch piace turbare lo spettatore e condurlo a suo modo nell’antro oscuro dell’animo umano. C’è tutto dentro che combacia con una visione unica del cinema, della creatività, della vita. E’ un fiume in piena twin peaks per l’originalità delle idee (emblematico l’omaggio a Kubrick dopo pochi minuti) sviluppate, dai repentini cambi di location alle violente azioni del bad Cooper intrise in una trama misteriosa che provoca lo spettatore, lo sfida. A patto che quest’ultimo si attenga alle regole anomale di un artista totale.   

Episode 8: Gotta light...